Petizione dell"ex" Marco Preioni a Presidente Grasso e Senatori perché riflettano sulla dignità del parlamentare e sul significato profondo di "indennità" e "vitalizio" prima di dare il via libera all'inconsistente ddl-Richetti.

Petizione dell"ex" Marco Preioni a Presidente Grasso e Senatori perché riflettano sulla dignità del parlamentare e sul significato profondo di "indennità" e "vitalizio" prima di dare il via libera all'inconsistente ddl-Richetti.

Petizione dell”ex” Marco Preioni a Presidente Grasso e Senatori perché riflettano sulla dignità del parlamentare e sul significato profondo di “indennità” e “vitalizio” prima di dare il via libera all’inconsistente ddl-Richetti.

L'appello al Presidente del Senato, che pubblichiamo di seguito, è argomentato con solida competenza e svolto con grande contegno e composta dignità. Una trama di preoccupata ma non rassegnata arguzia rende la lettura del testo particolarmente avvincente. Speriamo che il Presidente del Senato e i Senatori trovino il tempo di guardarlo e meditarlo. L'autore della petizione è l'"ex" Marco Preioni, avvocato, 67 anni, piemontese di Domodossola, eletto al Senato per tre legislature.

 

""AL PRESIDENTE DEL SENATO
– Petizione art. 50 Cost. -
Il sito ufficiale del Senato https://wwwsenato.it spiega che l’ indennità dei parlamentari è il trattamento economico, di cui è parte essenziale anche la pensione spettante dopo la cessazione dal mandato, finalizzato a creare le condizioni per cui il parlamentare possa impegnarsi nelle sue funzioni - a scapito del lavoro o di altre attività economiche - senza dover dipendere da altri soggetti, incluso il partito politico cui appartiene.
Pare quindi di capire che la “indennità” non sia uno “stipendio” da pubblico dipendente e che il “vitalizio” non sia una “pensione” ma che i due istituti rappresentino congiuntamente una forma di “guarentigia” a tutela della indipendenza e della libertà di esercizio del mandato parlamentare.
Se alla “indennità” si attribuisce una funzione risarcitoria, come originario richiamo al concetto di “danno” per il sacrificio di utili alternative, al “vitalizio” va attribuita una funzione di “garanzia a vita” per assicurare al parlamentare di non dover patire pregiudizio in futuro per le opinioni espresse ed i voti dati durante l’ esercizio del mandato. Ed il “vitalizio”, così concepito, è quindi un onere ed un debito della collettività sovrana verso il parlamentare che la rappresenta: “costo della democrazia”.
Secondo logica conseguenza il concetto di “vitalizio”, inteso come assegno mensile a vita (trasmissibile al coniuge da esso dipendente per ovvie ragioni di stretta comunione di sorte), non avrebbe quindi una mera funzione previdenziale come fosse una “pensione” legata ad una contribuzione, ma avrebbe natura totalmente diversa e peculiare della funzione rappresentativa della sovranità popolare.
Dovendo comunque dare cifra al quantum, fu ragionevole agganciare il vitalizio alle Legislature ed alle indennità, che la legge del 1965 aveva collegato alle retribuzioni dei magistrati per avere una misura di paragone fuor di contrattazioni e con automatismi rivalutativi in tempi di inflazione monetaria.
Le ragioni della “indennità-vitalizio” sono dunque connesse alla funzione parlamentare, ma il loro riconoscimento e la sensibilità per la loro continuativa osservanza sono state a volte piegate dalla pressione dell’ ambiente circostante che ha volubili e talvolta fallaci priorità, rappresentate con visioni di molto impatto mediatico ma di poco spessore giuridico, e con ripercussioni normative, sovente distorsive dei fondamentali principi democratici e statuali, fatte a rincorsa di populistiche tensioni.
Consultando la stessa pagina del già menzionato sito del Senato si ha infatti la visione sinottica e sintetica di quanto si sia piegata ad esse la disciplina delle prerogative economiche dei senatori in carica e di quelli cessati dal mandato e di quanto nell’ ultimo lustro se ne sia ridotta la consistenza pecuniaria rispetto al passato, dando l’ impressione di degrado dell’ Istituto parlamentare attraverso l’ ostentato svilimento del decoro di suoi membri.
Dimenticato dunque il collegamento logico e storico con l’ originaria funzione di “indennità” e di “vitalizio”, per ragioni sociologiche e di opportunità politica, sulle quali andrebbe fatto attento studio e riflessione, il Legislatore ritenne che il rappresentante della sovranità popolare, con Decisione del 2012, fosse assimilabile ad un impiegato dello Stato da pagarsi mensilmente con uno “stipendio”, anche se chiamato ancora “indennità” (senza però la tredicesima e con rimborso forfettario e non a “piè di lista” per le spese di trasferta), e che quindi l’ assegno vitalizio meritasse di chiamarsi “pensione” e di essere associato alla disciplina contributiva e gestionale della previdenza ordinaria.
Ma con la Decisione del 9 luglio 2015, facendo un ulteriore strappo tanto alla logica originaria di “vitalizio-guarentigia” quanto a quella sopravvenuta di “vitalizio-pensione”, il Consiglio di Presidenza del Senato ha introdotto di fatto il concetto di “vitalizio-privilegio” legato al “decoro del Parlamento” ed a concetti di “dignità-indegnità” dei suoi membri, tanto attuali quanto cessati dal mandato, disponendo la revoca dell’ assegno vitalizio mensile ai senatori condannati per alcuni reati, anche non commessi durante il mandato, per farne strumento di “castigo” esemplare da esibire alla stampa e per il pubblico ludibrio, postumo di una condanna penale, accessorio ad essa e retroattivo. Misura questa che nulla ha a che vedere con la “pensione” che non pare possa essere tolta al cittadino qualsiasi per “indegnità sociale” e che quindi avvalora l’ ipotesi che i parlamentari non siano dei comuni cittadini, non soggetti a retroattività penale ed a revoca di diritti acquisiti, ma abbiano invece uno status del tutto particolare che giustifica ogni “arbitrio”, tanto a loro danno quanto a loro favore.
Così bistrattato, il “vitalizio”, nè “guarentigia” né “previdenza”, può essere davvero inteso come una sorta di “privilegio” concesso ai parlamentari presunti “buoni” e revocabile a quelli “cattivi”.
E allora cosa è il “vitalizio” ?
Escluso che sia un “privilegio” e sganciato dalla originaria natura di “guarentigia”, sua unica e fondata ragione di essere in funzione dell’ esercizio del mandato popolare, il “vitalizio” parlamentare dovrebbe diventare, stando alla lettera dell’ art.1 del ddl AS-2888, “… un trattamento previdenziale basato sul sistema contributivo vigente per i lavoratori dipendenti delle amministrazioni statali “ … ” in ossequio al (travisato ?) “…principio costituzionale di eguaglianza tra i cittadini …”, cadendo però in contraddizione con quanto scritto nel successivo comma 5 dell’ art. 12, che, smentendo la premessa, dispone che … “In considerazione della difformità tra la natura e il regime giuridico dei vitalizi … la rideterminazione di cui al presente articolo non può in alcun caso essere applicata alle pensioni in essere e future dei lavoratori dipendenti e autonomi.” … riconoscendo quindi che la causa del vitalizio degli ex-parlamentari non corrisponde al prodromo della pensione comune a tutti gli altri cittadini.
A questo punto non si capisce più cosa gli onorevoli parlamentari in carica intendano per mandato parlamentare e quale debba essere la ragione dell’ “assegno” che percepiscono mensilmente per sedere in Parlamento e percepiranno, cessato il mandato, al compimento di una data età, dal momento che la ragione del “vitalizio” oscilla tra: a) l’ essere "guarentigia" per la libera attività del Parlamento attraverso la garanzia personale data al singolo parlamentare in carica di essere immune da pressioni e ritorsioni anche economiche al cessare del suo mandato, b) l’ essere “privilegio” con funzione di premio per i "buoni" e punizione con la sua privazione, a discrezione del Consiglio di Presidenza di turno, per i "cattivi" e c) l’ essere “previdenza” di lavoratore dipendente statale.
Vien quindi da pensare che il ddl AS-2888, non valendo come “precedente” per gli altri pensionati INPS, non abbia in realtà una funzione egualitaria ma sia in sostanza un intervento di “propaganda elettorale in ottica populista”, che fa della “rideterminazione contributiva retroattiva”, volta a decurtare il vitalizio/pensione, il mezzo per esibire platealmente la mortificazione dei parlamentari cessati dal mandato, “colpevoli” di essere caduti politicamente in disgrazia a causa di politiche “rottamatorie” delle evoluzioni partitiche e segretariocratiche, e facile bersaglio di strali suburranei, sia perché acciaccati da vecchiaia, sia perchè accecati da lampi mediatici di bassa lega.

Invito gli onorevoli senatori che temporaneamente siedono sulle poltrone rosse di Palazzo Madama e che prima o poi saranno dei “senatori cessati dal mandato” a chiarire quale sia la fonte e la ragione del loro potere e dell’ assegno mensile che percepiscono, ed a cassare il ddl AS-2888, che è privo di ragione,senza badare alle scomposte pressioni giornalistiche, attizzate quotidianamente per dar spettacolo col troppo tollerato ed impunito sberleffo del “mandato parlamentare”.
Per quante umiliazioni verranno accettate dal Parlamento e dai parlamentari in carica o cessati dal mandato, nulla placherà mai la sete di chi vuole vederli screditati e sminuiti e nessuna mortificazione della Istituzione sarà mai sufficiente ad appagare la loro libido di trascinare il Parlamento in una rincorsa al suo avvilimento.
Confido nella saggezza degli onorevoli senatori e spero che essi si esimano dal concorrere a scardinare il sistema di democrazia parlamentare che la Costituzione repubblicana ci ha donato.
Roma, 1 settembre 2017

Marco Preioni - senatore cessato dal mandato.

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