Si è svolto dal 20 al 21 Ottobre a Linguaglossa Etna (Catania) il convegno organizzato dall’Associazione degli ex Parlamentari Regionali sul tema “Calamità naturali: prevenzione e tutela ambientale” alla presenza del Ministro della protezione civile Nello MUSUMECI, Andrea MESSINA assessore regionale alle autonomie locali, on.le Giovanni BURTONE, l’ Ing. Salvo COCINA direttore generale dipartimento protezione civile regionale, l’on.le Giampiero TRIZZINO, Salvatore CAFFO dirigente vulcanologia – parco dell’Etna, Marco NERI vice commissario della struttura per la ricostruzione dell’area Etnea e di numerosi studiosi di vulcanologia e protezione ambientale con particolare riferimento alle alluvioni ed ai dissesti idrogeologici.
I lavori sono stati aperti nella sala consiliare del comune di Linguaglossa con il saluto del sindaco Luca STAGNITTA.
Dopo una breve relazione del presidente dell’associazione ex deputati regionali Rino LA PLACA e dell’on.le Salvatore SPARACINO, in rappresentanza dell’on.le Enrico LA LOGGIA Coordinatore regionale degli ex parlamentari nazionali, ha preso la parola in rappresentanza del presidente nazionale on.le Giuseppe GARGANI l’on.le Vincenzo Gino ALAIMO vice presidente nazionale.
Sono inoltre intervenuti l’on.le Salvo RAITI , l’on.le Bennardo ALAIMO e numerosi altri rappresentanti degli enti locali e dei dipartimenti.
Notevole il dibattito che si è svolto su un tema di così attuale importanza regionale e nazionale.
A conclusione del dibattito è stato redatto un documento contenente analisi, proposte e richieste che sono state inoltrate a tutte le autorità nazionali e regionali di competenza.
Allegato documento:
“CALAMITA’ NATURALI: PREVENZIONE E TUTELA AMBIENTALE”
DOCUMENTO CONCLUSIVO
Questo documento raccoglie gli spunti e le riflessioni emersi nel corso del convegno ed espone le sollecitazioni che si ritiene utile sottoporre alla attenzione dei soggetti politici e istituzionali, al fine di contribuire a definire le linee di movimento e le necessarie iniziative concrete da assumere nella direzione auspicata dal convegno stesso.
- A) Le calamità naturali sono accadimenti sporadici di particolare rilevanza ed intensità le cui cause sfuggono al controllo dell’uomo, essendo connesse a fenomeni che riguardano l’equilibrio terrestre. Alcuni di questi: eruzioni vulcaniche, terremoti e bradisismi, tra gli altri, sono eventi episodici che poco hanno a che vedere con la mano dell’uomo, se non per gli effetti che essi producono che possono diventare disastrosi proprio perché amplificati da errati interventi di trasformazione del territorio.
Lo stesso può dirsi per altri fenomeni classificati come naturali: eventi atmosferici di straordinaria intensità quali piogge che provocano alluvioni, dissesti profondi; tempeste di vento; forti mareggiate, che stanno diventando sempre più frequenti ed estremi generando effetti spaventosi – anche in termini di perdita di vite umane – e in aree prima scarsamente interessate.
Molti di questi fenomeni sono da associare a ciò che viene comunemente definito “cambiamento climatico”, in gran parte provocato dalla immissione in atmosfera dei cosiddetti gas serra e che sta provocando un innalzamento della temperatura sulla terra e delle acque, lo scioglimento dei ghiacciai e l’innalzamento dei mari. Ciò a cui stiamo assistendo non sono cambiamenti climatici come altri ce ne sono stati nella storia della terra. Essi hanno infatti assunto ritmi sempre più accelerati ed aspetti sempre più vistosi. Si può portare ad esempio l’innalzamento della temperatura del mare Mediterraneo (+ 5 gradi) che genera vere e proprie bolle atmosferiche che si scaricano a terra con inaudita violenza.
L’impatto di un evento naturale su un territorio, tuttavia, spesso si trasforma in una disastrosa calamità anche a causa dello “sfrenato intervento umano sulla natura” (Papa Francesco).
È un ritornello ricorrente ogni qual volta si verificano episodi drammatici: l’incontrollata cementificazione dei suoli, l’impermeabilizzazione dei terreni, la mancata regimentazione delle acque, il tombamento dei corsi d’acqua, l’abusivismo edilizio, la realizzazione di opere sproporzionate con impatti pesanti atti a turbare equilibri delicatissimi, il non rispetto delle regole e delle procedure di valutazione (Vas, Via, VIncA), i tentativi spesso riusciti di stravolgere le normative severe poste a tutela del territorio e dell’ambiente. Poca attenzione si presta infine al fatto che nel nostro paese si ha una contezza parziale della situazione geologica.
È del tutto evidente che sono stati rotti molti degli equilibri che hanno retto il rapporto tra la presenza dell’umanità e la natura che ci ospita.
L’impronta ecologica si fa sempre più pesante, visto che il tempo necessario al pianeta terra per rigenerare ciò che noi usiamo in un anno è di 18 mesi e nel 2022 “il giorno del superamento” è stato il 22 luglio mentre nel 2000 la data in cui si è consumata la biocapacità del pianeta era stata il 25 settembre.
- B) L’Italia è un paese esposto a grandi rischi collegati alle calamità naturali, ma il territorio della Regione Siciliana lo è particolarmente:
- Rischio terremoti e maremoti. Gran parte del territorio è soggetto a fenomeni sismici anche di rilevante intensità e solo da poco tempo si comincia a considerare seriamente anche le probabilità di inondazioni marine
- Rischio vulcanico (e derivato rischio sismico), per la presenza del vulcano più alto d’Europa e di altri due vulcani in isole minori, tutti attivi
- Rischio idrogeologico e idraulico. Circa 2/3 del territorio è interessato da frane e dissesti e soggetto a esondazioni di fiumi e torrenti con le conseguenti alluvioni.
- Rischio desertificazioni. Ci sono vaste zone della Sicilia in cui avanzano fenomeni di aridificazione dei suoli.
- Rischio incendi. Anche se non possono definirsi come “naturali” dal momento che quasi la totalità degli incendi è causata da mani criminali, i loro effetti, con la distruzione della copertura vegetale e boschiva, rendono ancora più elevati anche gli altri rischi.
I danni provocati da questi eventi sono enormi: la perdita di numerose vite umane; la distruzione di abitazioni, impianti civili e industriali, che impongono ovviamente interventi massicci per i risarcimenti e per la ricostruzione: a partire dal terremoto del Belice del 1968 nel nostro paese sono stati spesi per la ricostruzione circa 160 miliardi di euro. L’impiego di queste risorse per rimuovere le cause ascrivibili alla attività umana e per la messa in sicurezza del territorio, avrebbero sicuramente impedito buona parte degli effetti più disastrosi.
- C) A partire dal terremoto dell’Irpinia del 1980, in Italia si è progressivamente realizzata una struttura a rete di Protezione civile mediante interventi legislativi che si sono susseguiti nel tempo e che hanno dato vita alla Protezione civile nazionale e alle strutture di protezione civile regionale che si fondano anche sulla capillare presenza di associazioni di volontariato che, opportunamente supportate dalle Regioni, forniscono un apporto a volte determinante negli interventi.
La Protezione civile italiana ha raggiunto un elevato grado di funzionalità e capacità, presi ad esempio nel mondo, tuttavia essa interviene sulle emergenze, quando cioè l’evento si è verificato, mentre sarebbe necessario intervenire in via preventiva.
Le norme sulla Protezione civile prevedono sì attività di prevenzione, ad esempio ponendo l’obbligo per i comuni della redazione dei Piani comunali di protezione civile e del loro aggiornamento, ma in Sicilia ci sono 142 comuni che ancora non si sono dotati di questo Piano. Al contempo si sviluppa poca attività di educazione e informazione della popolazione e le stesse strutture della protezione civile regionale non sono in grado di svolgere queste attività per la carenza di personale professionalmente attrezzato.
Sul fronte degli incendi, che quest’anno hanno provocato preoccupanti eventi per numero e per danni, si è dovuta registrare una forte carenza proprio sul piano della prevenzione: ripulitura dei terreni, creazione di fasce di sicurezza, attività di vigilanza, avvistamento precoce, che si sono accompagnate alla carenza di personale specializzato e di mezzi adeguati a garantire interventi tempestivi.
È necessario passare dalla Protezione alla Prevenzione.
Ma è necessario anche aggiungere alla Prevenzione la Precauzione.
Il principio di precauzione è citato nell’articolo 191 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Il suo scopo è garantire un alto livello di protezione dell’ambiente grazie a delle prese di posizione preventive in caso di rischio.
- D) Occorre avviare e rafforzare un percorso di riconciliazione con il mondo che ci ospita e ciò richiede una vera e propria rivoluzione culturale nei comportamenti umani. Forti cambiamenti nelle scelte politiche e nella diffusa cultura dei cittadini.
Il rispetto dei cicli e dei tempi naturali deve tornare ad essere la regola che impronta tutte le altre regole. Una regola etica; una regola culturale; una regola politica.
La Costituzione della Repubblica italiana, a seguito soprattutto delle modifiche introdotte in relazione all’articolo 9 e all’articolo 41, contiene la traccia profonda da seguire: occorre perseguire la tutela ambientale, avere rispetto delle biodiversità, degli ecosistemi e degli animali anche nell’interesse delle nuove generazioni (articolo 9). È stata estesa (articolo 41) la responsabilità sociale delle imprese anche alla salute e all’ambiente.
L’Agenda 2030 dell’Onu con i suoi 17 obiettivi e i suoi 169 traguardi ha delineato il percorso che ha impegnato tutti gli stati del mondo per conseguire uno sviluppo sostenibile a scala planetaria.
L’Unione Europea ha tradotto Agenda 2030 in un pacchetto di provvedimenti che mirano a sollecitare la transizione ecologica ed energetica per fare della UE una grande area di vita equa e sostenibile. Vanno in questa direzione il Green Deal Europeo da cui discendono il Ngeu e il Pnrr italiano, il Fit for 55, il Farm to fork, il Repower Eu, il Nature Restoration Law che è stata varata a luglio e che combina un obiettivo generale di recupero a lungo termine della Natura con obiettivi di ripristino vincolanti per determinati habitat e specie.
L’Italia e di conseguenza anche la nostra regione sono chiamate ad imprimere una svolta radicale alle loro politiche, se vogliono davvero conformarsi agli indirizzi costituzionali e del diritto internazionale. Ma l’andamento delle decisioni appare a zig zag. Si può citare ad esempio quanto accade nella Regione Siciliana, là dove nel 2020 è stata approvata dall’Ars una legge di riforma organica sulla disciplina del territorio, contenente significative innovazioni tra le quali il consumo tendente a zero di nuovo suolo per edificazioni e la rigenerazione urbana. A distanza di tre anni, mentre la legge ha bisogno di diventare davvero operativa, l’Ars si accinge a modificarne alcuni contenuti innovativi e a varare una sanatoria per gli abusi edilizi sulle fasce costiere.
A questo punto è quanto mai opportuno segnalare alcune scelte e alcuni indirizzi utili a rendere più concreti gli impegni formalmente assunti nonché gli interventi che si rendono necessari.
1) Si pone con forza l’esigenza di produrre cambiamenti culturali se si vogliono determinare duraturi cambiamenti, agendo sulla educazione e sulla formazione di una diffusa coscienza ecologica basata sulla acquisizione che la lotta ai cambiamenti climatici, agli inquinamenti, alla distruzione del territorio riguarda tutti e richiede il coinvolgimenti di tutti: le agenzie educative (scuola, famiglia, chiese di ogni confessione); la politica; le istituzioni; i movimenti civici; il mondo delle associazioni.
Un filone di interventi ancora poco esplorato è quello dell’adattamento alle mutazioni del clima. La Regione Siciliana ha, ma con estremo ritardo, aderito alla Carta Missione Adattamento ai cambiamenti climatici dell’Unione Europea impegnandosi a portare avanti numerose azioni, tra le quali si segnalano:
- l’utilizzo delle conoscenze più valide a disposizione per effettuare valutazioni dei rischi climatici nella nostra regione e garantire che tutti abbiano accesso ai risultati
- impiegare tali conoscenze per sostenere cittadini, imprenditori, scienziati e responsabili politici nella progettazione e nell’avvio di azioni per l’adattamento ai cambiamenti climatici
- delineare traiettorie che permettano alla nostra regione di raggiungere la resilienza ai cambiamenti climatici entro il 2030
- coinvolgere i cittadini nei processi decisionali e consentire loro di partecipare alla sperimentazione o alla valutazione delle diverse soluzioni di adattamento
- mobilitare risorse e sviluppare attività per raggiungere gli obiettivi in tema di adattamento climatico
2) La consapevolezza degli errori commessi in passato (anche recente), deve guidare le scelte su come intervenire. Si possono citare alcuni esempi negativi: a seguito della alluvione che colpì la provincia di Messina che produsse danni rilevanti e causò 37 morti, specie nella frazione di Giampilieri, sono stati stanziati 150 milioni di euro per opere brutte, pesanti, in cemento armato per proteggere un abitato che rimane comunque esposto a seri rischi. Sull’Etna non ci sono solo i fenomeni legati alle eruzioni, ma anche fenomeni sismici lungo faglie che sono state chiaramente individuate. Ebbene, lungo quelle faglie sono state realizzate opere ed abitazioni o vi sono state ricostruite, mentre l’azione più corretta sarebbe quella di de-costruire quello che è stato fatto nei posti sbagliati.
Il governo della Regione dovrebbe proporsi di varare un “codice della ricostruzione” che abbia un approccio geoetico e realizzare strutture decisionali ed operative che si avvalgono dell’apporto di competenze e professionalità come quelle che operano nell’Istituto di geofisica e vulcanologia. Accompagnare l’ottica della ricostruzione a una visione etica della ricostruzione.
Il principio di precauzione va affermato nella nostra regione, mediante provvedimenti normativi che lo pongano come principio dirimente per le scelte e le localizzazioni e mediante il rafforzamento delle procedure di valutazione: Vas, Via, VIncA insieme all’introduzione del pareggio del bilancio ecologico. Al contempo va assunto il principio europeo del DNSH (non arrecare un danno significativo all’ambiente) come discrimine per l’ammissione a finanziamento e per la realizzazione di opere e strutture.
3) La attivazione e l’efficienza operativa di un sistema regionale di protezione civile che si integra e rafforza quello nazionale, si presenta come una questione prioritaria, su cui occorre operare per un miglioramento complessivo ad iniziare da adeguate iniziative per la prevenzione:
- Va emanata una nuova legge regionale che superi la L.R. 15/98 e adegui le norme agli indirizzi nazionali.
- Va riconosciuta la pianificazione di Protezione Civile quale strumento di pianificazione territoriale la cui redazione va incentivata con l’erogazione di contributi economici agli EE.LL. (anche attraverso il Fondo per le autonomie) e introducendo il potere sostitutivo per gli Enti inadempienti.
- È necessario perseguire lo sviluppo dei rapporti di collaborazione tra il Dipartimento Regionale della Protezione Civile, le Università siciliane e gli Enti di ricerca, per l’aggiornamento costante delle carte del Rischio e il potenziamento delle reti di monitoraggio del territorio regionale. Sviluppare le sinergie tra il DRPC e le Strutture regionali e nazionali destinate al governo del territorio, per la progettazione e realizzazione di opere di messa in sicurezza per la riduzione del rischio sismico ed idrogeologico.
- Attuare strategie di formazione ed informazione della popolazione sulla conoscenza dei rischi e sui metodi comportamentali da tenere in situazioni di pericolo (misure di autoprotezione).
- Potenziare i centri operativi di Protezione Civile dei Comuni (COC) attraverso la formazione del personale destinato alla gestione, la dotazione di infrastrutture informatiche e per la comunicazione radio in emergenza, assegnazione di mezzi ed attrezzature per la gestione operativa di interventi in emergenza.
4) La Regione Siciliana, con il 20% circa di superficie forestale sull’intero territorio, è lontana dalla media nazionale che si attesta intorno al 36% e ancor più lontana dall’obiettivo fissato dall’Unione Europea al 2030: 43,5%. La superficie coperta da boschi è circa il 10% del totale territoriale regionale, il che colloca la Sicilia al penultimo posto tra le regioni italiane.
Sono avanzanti fenomeni estesi di inaridimento e di desertificazione oltre che di abbandono di terreni un tempo coltivati e controllati.
Deve aggiungersi il gravissimo fenomeno degli incendi, nella quasi totalità di origine dolosa e che nel 2023 hanno portato la Sicilia a registrare un triste record nazionale, con circa 65 mila ettari andati in fumo.
Appare indispensabile mettere in atto una strategia complessiva che punti all’incremento robusto e alla gestione sostenibile delle superfici boscate e forestali, per le funzioni multiple che esse svolgono: mitigazione dell’impatto climatico e assorbimento della CO2, riduzione dei rischi naturali rilevanti, tutela della biodiversità, fruizione da parte dei cittadini, attività turistiche, attività produttive legate al legno e ai prodotti del bosco.
Si appalesa le necessità di una moderna legge regionale sulla forestazione e sulla sicurezza ambientale, insieme all’aggiornamento della legislazione sulla istituzione, la disciplina e la tutela delle aree naturali protette. Una nuova legge sulla forestazione non può non affrontare il tema della stabilità e della qualificazione professionale del personale addetto, superando la stagionalità e la precarietà di lavoratori che dovrebbero invece essere disponibili lungo tutto l’arco dell’anno. Al contempo deve proporsi il rafforzamento dell’organico e la riforma della disciplina del Corpo Forestale della Regione, che è già adesso chiamato a svolgere molteplici funzioni in materia di prevenzione e tutela ambientale.
La strategia della forestazione dovrà far assumere alla lotta agli incendi una dimensione nuova, non più legata essenzialmente alla emergenza, ma centrata proprio sull’incremento e sulla gestione delle superfici forestali come elemento portante. Oltre che sul controllo, sia mediante le nuove tecnologie che ripristinando antichi metodi di avvistamento precoce, coinvolgendo anche le associazioni di volontariato, e sulle attività di indagine e di prevenzione.
Sui contenuti di questo documento l’Associazione resta disponibile a momenti di confronto e di approfondimento.
Documento conclusivo Convegno di Linguaglossa