I partiti personali, i partiti del capo e i cartelli elettorali, com’è noto a tutti, non producono pensiero politico e nè, tantomeno, elaborazione culturale. E questo perchè, com’è altrettanto noto, è sufficiente amplificare e divulgare il verbo del ‘capo’ e tutto finisce lì. Anche perchè chi non lo condivide o non fa parte di quel partito o di quel cartello elettorale oppure, e specularmente, non conta nulla in termini politici e progettuali all’interno di quei contenitori.
Ora, a fronte di questa situazione che difficilmente cambierà a breve, è indubbio che se la politica vuole ritrovare il suo giusto ruolo, la sua funzione e la sua autorevolezza non può prescindere da uno sforzo di elaborazione culturale. E questo compito, non potendo più arrivare dagli involucri vuoti e del tutto formali dei partiti politici italiani, non potrà che essere assolto da altri strumenti. E tra questi strumenti spiccano indubbiamente le Fondazioni. Mi riferisco, nello specifico, a quelle Fondazioni che rivestono un ruolo importante e qualificato nel campo della ricerca, della memoria e anche della elaborazione politica e culturale. E, per fermarsi a quelle che affondano le loro radici nella cultura del cattolicesimo politico, sociale e popolare del nostro paese, non possiamo non citare le principali: dalla Fondazione Sturzo alla Fondazione Donat-Cattin alla De Gasperi. Per citare le principali. Oltre, come ovvio, a molte altre Fondazioni riconducibili a culture politiche che contribuiscono in modo potente a rilanciare e, al contempo, a riscoprire gli elementi decisivi della nostra democrazia repubblicana e costituzionale. Basti pensare alla Fondazione Antonio Gramsci, Nilde Iotti, Luciano Lama. Bruno Buozzi e Pietro Nenni.
Certo, non passa attraverso il ruolo delle Fondazioni l’elaborazione programmatica dei molti partiti personali e dei rispettivi cartelli elettorali. Ma è indubbio che se vuoi caratterizzarti sotto il profilo dei valori, della cultura di riferimento e della stessa progettualità politica, le iniziative delle Fondazioni rappresentano una fonte inesauribile. Anche perchè le singole iniziative si muovono su più fronti: dalla presentazione di libri alla rilettura critica del “magistero” politico, culturale ed istituzionale di molti leader e statisti del passato; dalla produzione di docufilm su argomenti specifici all’approfondimento di temi che sono in cima all’agenda politica e culturale nazionale. Per non parlare delle pubblicazioni che periodicamente vengono prodotte dalle singole Fondazioni. E non è un caso, del resto, che sono molti gli esponenti politici - almeno quelli che ritengono che una cultura politica di riferimento rappresenti ancora un asset decisivo e strategico per essere presenti nella vita pubblica - che si rifanno alla concreta attività delle Fondazioni per attingere elementi e spunti in vista della definizione e della costruzione dei rispettivi progetti politici. Certo, non parlo dei partiti e dei cartelli elettorali populisti, demagogici e anti politici dove la parola d’ordine era, e resta, quella di criminalizzare ed archiviare tutto ciò che è seppur vagamente riconducibile al passato.
Ecco perchè il ruolo delle Fondazioni assume una importanza straordinaria e, oserei dire, quasi decisiva per la stessa presenza delle storiche culture politiche nella vita pubblica contemporanea. Un elemento, questo, da cui non si può prescindere se si vuole continuare ad essere all’altezza della situazione e non circoscrivere la politica a giocare un ruolo gregario ed ininfluente nella società italiana.
Giorgio Merlo