Giovanni Goria, 30 anni dopo - di Giorgio Merlo

Giovanni Goria, 30 anni dopo - di Giorgio Merlo

Giovanni Goria, 30 anni dopo – di Giorgio Merlo

C’era il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a ricordare Giovanni Goria a 30 anni dalla scomparsa nella “sua” Asti. Nel prestigioso Teatro Alfieri nel centro della città, c’era tutta la Asti che conta. Dal Vescovo al Sindaco, dal Presidente della Regione ai parlamentari del territorio, dal Ministro a tutti i sindaci della “provincia contadina” oltre a centinaia di astigiani assiepati nello storico Teatro. E, su tutti, i famigliari e i dirigenti della Fondazione Goria, nata 20 anni fa e guidata - come Direttore - dall’infaticabile Carlo Cerrato, già caporedattore della Tgr Rai Piemonte e dirigente politico della Democrazia Cristiana.

Ma, al di là dei partecipanti e dei numerosi e qualificati interventi che hanno ripercorso il cammino umano, politico ed istituzionale del Premier più giovane d’Italia prima di Renzi, quello che merita di essere evidenziato - rileggendo il curriculum di Goria - è il profilo che ha accompagnato lo statista piemontese per tutta la sua vita, che purtroppo si è interrotta prematuramente a soli 51 anni. E cioè, quando si cita Goria si parla di un tecnico che ha scoperto la politica e l’impegno pubblico partendo dalla sua professione come ricercatore presso la Camera di Commercio di Asti. Lo potremmo definire quasi un politico anomalo all’interno della Dc anche se è approdato giovanissimo a Montecitorio all’età di 33 anni alle elezioni politiche del 1976. Non è mai stato un capo corrente nè un notabile all’interno del partito. Eppure, sia per i prestigiosi incarichi istituzionali ricoperti e sia, soprattutto, per il vasto consenso popolare di cui godeva - quasi 650 mila preferenze alle europee del 1989 - Goria era un uomo di partito. Faceva parte della corrente di Base - quella di Marcora, De Mita e Misasi solo per citare i leader principali - ed era unanimemente riconosciuto come il tecnico che faceva politica. Cioè un leader che partiva sempre dall’analisi concreta della società per arrivare, però, ad individuare delle soluzioni altrettanto concrete e pragmatiche. Dicevo un politico anomalo perchè, a differenza dei grandi leader democristiani - anche di quelli della sua corrente della Base - non si dilungava in lunghe ed articolate analisi politiche e culturali ma era dedito a ricercare con maggior elasticità e rapidità la ricetta da mettere in campo per sciogliere i principali nodi sul tappeto.

Certo, possiamo dire tranquillamente che Giovanni Goria è stato un vero uomo di governo. E, non a caso, la cultura di governo è stata la cifra per eccellenza che l’ha sempre caratterizzato e contraddistinto. E la suggestiva ed interessante iniziativa di Asti lo ha, ancora una volta, confermato.

Una sola nota finale. La rilettura, seppur breve anche se autorevole, del suo magistero politico, civile e di governo che si è fatta a 30 anni dalla sua scomparsa ad Asti, ci trasmette un impegno e una responsabilità a cui noi cattolici democratici, popolari e sociali non possiamo ritrarci. E cioè, tocca anche e soprattutto a noi rileggere e ricostruire il pensiero dei grandi democratici e cristiani. E Giovanni Goria rientra a pieno titolo in questo filone. Cioè, nella miglior tradizione di un partito che, comunque sia, ha saputo dare un contributo fondamentale e decisivo per la crescita economica, lo sviluppo civile e il consolidamento democratico del nostro paese.

Giorgio Merlo

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