I cattolici devono uscire dal guado - di Giorgio Merlo

I cattolici devono uscire dal guado  -  di Giorgio Merlo

I cattolici devono uscire dal guado – di Giorgio Merlo

L’intervento inaugurale del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla ‘settimana sociale’ dei cattolici a Trieste e le stesse conclusioni di Papa Francesco hanno riproposto con forza e determinazione il tema, antico ma sempre attuale e contemporaneo, dell’impegno e della presenza dei cattolici nella vita pubblica. Che significa certamente la presenza nella politica, ma non solo nella politica e nei suoi strumenti principali, cioè i partiti.

Ora, è indubbio che la cultura, la tradizione e il pensiero del cattolicesimo politico italiano - seppur variegato ed articolato al suo interno - continuano ad essere dei fari che non si spengono quando si parla di democrazia, di istituzioni, di giustizia sociale, di pace, di sviluppo e di assetto istituzionale. E questo per la semplice ragione che quella cultura, attraverso il ‘magistero’ politico, culturale ed istituzionale dei suoi leader e statisti nelle varie fasi storiche, ha sempre condizionato ed accompagnato il cammino della democrazia Italiana. E la stessa Costituzione, come tutti sanno è anche e soprattutto il frutto dell’apporto decisivo e determinante del pensiero cattolico democratico, popolare e sociale.

Ed è proprio per questi motivi, semplici ma essenziali, che emerge spesso una domanda. E cioè, ma se la cultura, la tradizione e il pensiero del cattolicesimo politico continuano ad essere di una straordinaria attualità e modernità, com’è possibile che i cattolici non riescono più ad incidere concretamente nelle dinamiche della cittadella politica italiana contemporanea? E questo perchè, al netto del tramonto definitivo di un “partito di cattolici” e di un ormai largamente acquisito pluralismo politico dei cattolici stessi, è indubbio che il peso reale nei rispettivi partiti di appartenenza è alquanto debole se non addirittura pleonastico. E, di fronte a questa oggettiva fotografia, è bene prendere atto che se si vuole ancora giocare un ruolo nell’ambito politico e non limitarsi ad esercitare un servizio puramente testimoniale e a livello pure politico - pur sempre importanti e da rispettare - forse è arrivato il momento per organizzarsi nei rispettivi partiti per evitare di disperdere un patrimonio troppo fecondo e ricco per il futuro stesso della democrazia e delle istituzioni nel nostro paese. E questo perchè, parlando proprio di questa cultura, di questi valori e di questa sensibilità politica, è sempre meglio che vengano declinati dall’originale che non dalla fotocopia. Detto in altri termini, sarebbe importante, nonchè decisivo, che fossero i cattolici democratici, popolari e sociali a farsi interpreti di questa comune sensibilità senza qualunquisticamente appaltarla ad altri che ne sono sostanzialmente estranei se non addirittura indifferenti. Ma per poter centrare questi obiettivi è indispensabile, nonchè urgente appunto, organizzarsi nei partiti. E questo perchè la cultura politica del popolarismo di ispirazione cristiana e lo stesso filone del cattolicesimo sociale possono giocare un ruolo nella misura in cui si organizza una presenza politica e culturale nei partiti. Non esiste una concreta e praticabile alternativa a questo impegno e a questo compito. Anche perchè la stagione del solo impegno pre politico o della radicale ed impotente dispersione non sono più adeguate e pertinenti risposte per rilanciare l’impegno e la presenza attiva dei cattolici nella politica italiana.

Per questi motivi, se si vuole raccogliere l’invito che è partito dalla “settimana sociale” di Trieste e senza ridurlo ad un disegno clericale e men che meno confessionale, la strada di un rinnovato impegno politico dei cattolici italiani passa anche, e soprattutto, attraverso la capacità di saper condizionare concretamente i progetti politici nei diversi partiti. Almeno in quelli che non perseguono scenari populisti e anti politici o che nel loro dna sono radicalmente estranei ed esterni ai valori, ai principi, al metodo e alla cultura del cattolicesimo politico italiano. E questo lo si può - e lo si deve - fare anche per non rinnegare, seppur inconsapevolmente, il magistero di uomini e donne che con la loro azione hanno costruito nel tempo la democrazia nel nostro paese senza mai tradire i valori che li avevano formati e in cui avevano creduto.
Giorgio Merlo

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