E' in distribuzione il numero 15 (maggio 2020) de "Il Parlamento - ieri, oggi e domani", il Notiziario dell'Associazione degli ex Parlamentari della Repubblica. Pubblichiamo l'editoriale del direttore, on. Antonio Duva, componente della Presidenza dell'Associazione, dedicato al (dis)funzionamento del Parlamento durante l'emergenza Covid-19 e, in coda, l'intero bollettino in formato elettronico (nella foto l'aula di Montecitorio ospita una solenne riunione del Parlamento in seduta comune):
Per combattere la pandemia e la drammatica crisi economica e sociale
LA DEMOCRAZIA RESPIRA MEGLIO SE LE CAMERE SONO APERTE DI PIÙ
di Antonio Duva
“Il Parlamento, che non ha mai abdicato al suo ruolo neanche in questa situazione emergenziale, ha continuato e continuerà a svolgere le sue funzioni, rimanendo a fianco dei cittadini per superare insieme tutte le sfide che ci attendono”: così ha affermato Roberto Fico celebrando il Primo Maggio. Parole che ribadiscono un intendimento più volte proclamato dal Presidente della Camera, come non ha mancato, analogamente, di fare in varie occasioni la Presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati. Che le Camere, di fronte a circostanze drammatiche ed eccezionali, a causa della pandemia, dovessero essere un punto di riferimento per il Paese, è, del resto, un’esigenza su cui molti, fra i politici e i giuristi, concordano. Fra i più tempestivi a rivendicarla, è stata, sin dal 15 marzo, la presidenza dell’Associazione ex Parlamentari, che ha affrontato la questione nella sua prima riunione in videoconferenza. Poco dopo, confortata dal voto unanime del Direttivo riunito sempre in videoconferenza il 25 marzo, ne ha fatto oggetto di una lettera inviata ai vertici delle due Camere: un testo portato a conoscenza anche di tutti i parlamentari in carica. Gli ex Parlamentari avevano rilevato che: “qualunque siano le misure legislative e amministrative da approvare, il Parlamento, nel rispetto della Costituzione, debba essere protagonista”. E aggiungevano che: “i parlamentari, che godono del privilegio di rappresentare la Nazione, devono sentire ancor più forte il dovere di garantire il pieno funzionamento delle assemblee elettive di cui fanno parte”. Se, in altre parole, i medici e il personale sanitario sono responsabili della salute fisica dei cittadini – e a questo dovere hanno fatto fronte, in questi mesi tremendi, con enormi rischi, grande coraggio e spesso con il sacrificio della vita di molti fra loro- i parlamentari sono, in pari misura, responsabili della libertà e della democrazia di tutti. Principi che, ora più che mai, è bene osservare. Ma come? Se non si vuole rischiare di compiere una mera esercitazione retorica è necessario che questi principi trovino un riscontro nei fatti. Proprio a questo scopo gli ex Parlamentari, nel loro documento di marzo avevano chiesto l’adozione di scelte mirate, sollecitando, in particolare, che fossero garantite ai parlamentari e a quanti con loro lavorano: “tutte le misure di sicurezza collettive e personali che consentano al Parlamento di svolgere appieno la sua insostituibile funzione”, prevedendo anche la possibilità di svolgere la propria funzione a distanza (per frenare il contagio e a tutela di eventuali contagiati). A patto, naturalmente, che le Camere definissero, in tempi rapidi, regole appropriate per la nuova, straordinaria realtà. Vi sono, come si sa, articoli della Costituzione che prevedono limitazioni di alcune libertà come, quella di circolazione e di riunione, purché esse si riferiscano a motivi di sanità o di sicurezza e siano definite per legge. Ma senza, in ogni caso, che ciò avvenga impedendo al Parlamento di funzionare a pieno. Questo, purtroppo, non sempre è avvenuto nella drammatica stagione che stiamo attraversando. La definizione di nuove normative per consentire un pieno e fisiologico svolgimento dell’attività parlamentare è rimasta ben lontana da un compiuto traguardo. Alcuni accorgimenti, come deliberazioni assunte con la limitazione delle presenze preventivamente concordata fra i gruppi, si sono rivelati, alla prova dei fatti, fragili e controproducenti, oltre a risultare discutibili quanto a rispetto del divieto del vincolo di mandato fissato dall’art. 67 della Costituzione. Inoltre la possibilità di svolgere alcune attività parlamentari in forme agili e da remoto è stata scarsamente approfondita. In definitiva il tabù dell’Aula non è stato scalfito se non con ritardo e dopo il crescere delle proteste dentro e fuori il mondo politico; comunque, in assenza di una riflessione organica. Non vi è stata ancora una risposta vera all’interrogativo posto da un maestro del diritto come Sabino Cassese (Il Foglio, 17 marzo): è meglio avere un Parlamento “zoppo” o nessun Parlamento? Un quesito più che giustificato visto che le Camere da fine febbraio fino al 20 aprile hanno diradato la loro attività (17 sedute a Montecitorio ed 11 a Palazzo Madama) culminata, essenzialmente, in tre sole votazioni. In questo periodo, rileva il politologo Mauro Calise: “Il Parlamento si è sentito – e visto – poco. Anzi pochissimo. Di fronte all’emergenza sanitaria è diventato afono.” (Il Mattino, 20 aprile). E, nelle settimane successive, ben poco è cambiato. Si poteva fare di meglio? “Di sicuro”, afferma, sullo stesso quotidiano, il costituzionalista Michele Ainis. ”A patto di riflettere, con coraggio, su previsioni della stessa Costituzione e di fare ricorso, magari con un po’ di fantasia interpretativa, a norme già presenti nei regolamenti parlamentari”. Eppure non sarebbe stato difficile prevedere che, con una simile deriva, i problemi sarebbero inevitabilmente aumentati. Nella loro lettera ai Presidenti Casellati e Fico gli ex Parlamentari avevano, in particolare, fatto notare che i DPCM e tutto l’insieme degli strumenti amministrativi necessari a fronteggiare l’emergenza sanitaria non potevano restare affidati solo al Governo sulla base di generici fondamenti normativi. Soprattutto in democrazia, la forma è sostanza: per questo il Parlamento deve essere sempre in condizione di controllare, emendare e convalidare il complesso di regole che incidono su aspetti essenziali della vita dei cittadini. A quella lettera è stata data scarsa attenzione ma i richiami e le proteste sono andati in costante crescendo: dalle parole di Marcello Pera, già presidente di Palazzo Madama (“Tutti possono stare a casa, ma non le Istituzioni!”) all’intervento, nell’aula del Senato, di un politico di lungo corso come Luigi Zanda che ha chiesto alla presidente Casellati di intervenire contro “il vistoso declino del Parlamento”, sino alla lettera-appello che 76 deputati, sia di maggioranza sia di opposizione, hanno indirizzato al presidente Fico. Nel documento, ricordato: “che non è più il tempo delle attese e delle non soluzioni”, si affrontano tanto gli aspetti di sicurezza e di intensità del lavoro parlamentare quanto quello più ampio delle responsabilità istituzionali, che coinvolgono anche l’Esecutivo. Che, per parte sua, di fronte all’incalzare dell’emergenza sanitaria e della crisi economico-sociale, non poteva certo star fermo. Ha visto così la luce un pletorico corpo normativo: complicato e, in molte parti, incomprensibile e contradditorio. In cento giorni sono stati emanati 160 provvedimenti statali (Sergio Rizzo, Repubblica, 4 maggio) oltre alla incalcolabile massa di quelli regionali. Un paradiso per la burocrazia, un inferno per i cittadini; in ogni caso un mostruoso edificio dalle fondamenta, a parere di molti giuristi, pericolosamente fragili. Che perciò preludono a controversie, ritardi e inefficienze. Ora si cercano aggiustamenti, faticosi e spesso discutibili. Sul piano parlamentare va segnalata una lettera del Presidente Fico (Il Foglio, 8 maggio) nella quale annuncia: “l’apertura di un ciclo di audizioni sul voto a distanza e sulla gestione dell’attività parlamentare in periodi di emergenza”. Si tratterà senza dubbio di un lavoro utile, ma la convinzione che, in questi mesi drammatici, si sia determinato uno squilibrio fra opera delle Camere e azione dell’Esecutivo si è fatta sempre più strada. “Il problema è che il Parlamento non controlla ed è succube del Governo”, sintetizza (Il Dubbio, 8 maggio) Giuseppe Gargani, vicepresidente vicario degli ex Parlamentari, con riferimento non solo alle recenti emergenze ma a un contesto più ampio: dalle norme sul taglio dei parlamentari alle scelte nel campo della giustizia. Potrebbero apparire affermazioni troppo drastiche. Ma leggere (Corriere della Sera, 10 maggio) che il presidente del Consiglio, a proposito delle prossime normative, prevede, con grande flemma, che, ora, vi sarà: “più agio per coinvolgere il Parlamento” non aiuta certo a diradare le preoccupazioni di Gargani e di quanti la pensano come lui. Da poco è partita, fra molte incognite, quella “fase due” nella quale, oltre a tenere alte le difese contro il virus, si dovrebbero erigere argini per fare fronte a una crisi economica e sociale che in Italia (e in Europa) si profila di una gravità senza precedenti. Viene da suggerire che, insieme, si pensi a una “fase tre” dedicata a far riassumere pienamente alla politica del diritto e ai diritti della politica il ruolo che loro compete in uno Stato democratico. A cominciare da un Parlamento il cui motore possa girare al massimo.
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Il Parlamento n. 15 - Formato elettronico: