La relazione del Presidente Falomi all'Assemblea dei soci del 10 giugno 2022

La relazione del Presidente Falomi all’Assemblea dei soci del 10 giugno 2022

Si è tenuta il 10 giugno 2022, presso l'auletta dei gruppi della Camera dei Deputati, l'Assemblea dei soci dell'Associazione degli ex Parlamentari. Dopo l'approvazione del bilancio consuntivo 2021, illustrati dal tesoriere Michele Viscardi, l'Assemblea è stata introdotta dalla relazione del presidente, Antonello Falomi, incentrata sui temi della democrazia e della dignità del Parlamento, alla luce degli sviluppi della vertenza tuttora aperta sulle questioni sollevate dalle delibere di ricalcolo retroattivo dei vitalizi. La relazione si è altresì soffermata sulla drammatica situazione venutasi a sviluppare in seguito all'invasione russa dell'Ucraina, informando l'Assemblea sul dibattito svoltosi in proposito negli organi dell'Associazione e sulla posizione comune elaborata dal Consiglio Direttivo che sottolinea la necessità di compiere ogni sforzo per avviare un percorso di pace e un negoziato per raggiungere un compromesso che soddisfi le parti in conflitto. 

Ed ecco qui di seguito la Relazione del Presidente, Antonello Falomi:

 

L'IMPEGNO DELL'ASSOCIAZIONE PER LA DEMOCRAZIA, PER IL PARLAMENTO E PER LA PACE
 

di Antonello Falomi

 

La nostra vertenza, primi risultati positivi

Le sentenze parziali pronunciate dai giudici interni di Camera e Senato, segnano un primo significativo risultato della battaglia che da più di tre anni stiamo conducendo contro la decisione presa dagli Uffici di Presidenza delle due Camere di rideterminare, con un sedicente metodo contributivo i vitalizi degli ex parlamentari.

Si tratta di un risultato significativo che l’Ufficio di Presidenza e il Consiglio Direttivo hanno valutato

positivamente:

  • per l’entità dell’incremento medio;
  • perché questo incremento medio è stato sottratto dalla logica umiliante e pietistica della mitigazione per motivi di salute e di reddito e riguarda indistintamente tutti;
  • perché cancella la stortura più evidente delle delibere degli Uffici di Presidenza che per produrre un taglio il più punitivo e il più pesante possibile avevano non solo violato le regole stesse del sistema contributivo ma avevano attribuito aspettative di vita del tutto illogiche, paradossali e irrazionali;
  • perché si è sbloccata una situazione di paralisi degli organi di autodichia che avrebbe rimandato ogni decisione alla prossima legislatura;
  • perché resta impregiudicata la nostra battaglia sulla violazione dei principi costituzionali e dello stato di diritto che mina la legittimità delle deliberazioni di Camera e Senato.

 

Al di là degli effetti economici, ciò che più interessa è che si è cominciata a mettere in discussione, sia pure parzialmente, l’idea che si possano incidere retroattivamente diritti consolidati nel tempo, in violazione del principio costituzionale del legittimo affidamento su cui ciascuno ha fatto le sue scelte di vita.

Le sentenze, emesse in autodichia, dai giudici dei due rami del Parlamento hanno, infatti, ridimensionato parzialmente la portata della retroattività, riducendone, in molti casi drasticamente, il periodo temporale della sua applicazione.

Come sapete, i giudici interni di Camera e Senato non hanno messo in discussione l’applicazione retroattiva del metodo contributivo

Cosa che, invece, era stata fatta in modo radicale dalla sentenza della Commissione contenziosa del Senato la cui portata è stata, purtroppo, profondamente ridimensionata dai giudici di secondo grado, sia pure in attesa del pronunciamento della Corte costituzionale.

Ad oggi, quindi, i giudici di Camera e Senato hanno deciso di far partire l’applicazione del metodo contributivo del 1° gennaio 2019, cioè dalla data di esecutività delle delibere di rideterminazione dei vitalizi

Si è aperta, in sostanza, una crepa importante nel muro dell’operazione politica che nel 2018 era stata costruita contro gli ex parlamentari.

Una operazione che l’Associazione ha duramente contestato, sia sul piano politico che su quello giudiziario.

 

Le ragioni della battaglia per il Parlamento e per la dignità dei Parlamentari

Una contestazione che non aveva per obbiettivo quello di sottrare al dovere di fare anche noi la nostra parte in un momento di difficoltà del Paese.

 La nostra contestazione, prima di ogni ragione economica, nasceva soprattutto dalla campagna politica e mediatica che ha accompagnato e sostenuto le decisioni degli Uffici di Presidenza delle Camere.

Siamo stati letteralmente sommersi da una valanga di articoli, trasmissioni televisive e radiofoniche, dichiarazioni che ci hanno dipinto come parassiti, ladri, vampiri.

Siamo stati sbattuti in prima pagina come mostri.

Siamo stati indicati alla opinione pubblica come l’emblema delle ingiustizie e dei privilegi.

Siamo stati utilizzati come capro espiatorio di una situazione di disagio sociale per nasconderne le vere cause.

Tutta la nostra attività di parlamentari è stata cancellata rappresentandoci come persone a caccia di prebende, dediti soltanto alla cura dei propri interessi personali.

Contro questa montagna di insulti e di falsità noi abbiamo reagito, soprattutto perché, al di là delle nostre persone, abbiamo capito che si voleva colpire il Parlamento, colpendo l’autonomia e la libertà dei parlamentari, cercando di demolire o di svuotare tutti i presidi e le garanzie poste dalla Costituzione a tutela di quell’autonomia e di quella libertà.

Fin dall’inizio di questa vicenda abbiamo fatto ogni tentativo per indurre i Presidenti delle Camere e gli uffici di Presidenza ad affrontare il problema nel rispetto della Costituzione e dei suoi principi.

Prima del varo delle delibere di rideterminazione dei vitalizi abbiamo avanzato proposte ragionevoli che se fossero state ascoltate ci avrebbero fatto risparmiare un contenzioso giudiziario senza precedenti.

Abbiamo suggerito di regolare la questione non con una delibera degli Uffici di Presidenza ma attraverso una legge del Parlamento, come prescrive la Costituzione, ma ci hanno sbattuto la porta in faccia per la paura che potessimo arrivare alla Corte Costituzionale per accertare in quella sede l’esistenza o meno di violazioni dei principi costituzionali.

Abbiamo avanzato proposte di forme nuove di contributi di solidarietà in linea con i principi costantemente ribaditi dalla giurisprudenza costituzionale.

Ma è stato tutto inutile. La logica e la macchina della propaganda politica hanno prevalso su qualsiasi altra considerazione per quanto sensata e ragionevole essa fosse.

Non ci è stata lasciata altra scelta che quella del contenzioso giudiziario.

Nel corso dei procedimenti giudiziari abbiamo ripetutamente tentato di trovare una soluzione politica.

Ma l’unica risposta che la politica ha saputo dare è stata quella di tentare di mettere in discussione l’autonomia, la terzietà e l’imparzialità dei giudici chiamati a decidere, intervenendo pesantemente nel corso dei procedimenti giudiziari.

Oggi possiamo dire con soddisfazione che una prima fase della nostra battaglia si è chiusa con risultati ancora parziali ma certamente significativi.

 

La nuova fase della vertenza riguarda la legittimità del ricalcolo contributivo

Noi stiamo entrando in una nuova fase: la fase in cui si dovranno affrontare le questioni di fondo a cui i giudici di Camera e Senato non hanno ancora dato risposta, prima fra tutte la questione se sia legittimo, sotto il profilo costituzionale, rompere unilateralmente gli impegni che Camera e Senato avevano assunto con ogni parlamentare cessato dal mandato.

Vogliamo sapere in sostanza se sia legittimo cancellare il metodo di calcolo esistente al momento della maturazione del diritto a sostituirlo, peraltro distorcendolo con un altro metodo di calcolo basato sulla applicazione retroattiva del sistema contributivo.

A questa domanda le sentenze parziali di Camera e Senato non hanno dato ancora una risposta.

Per ottenere questa risposta continueremo in tutte le sedi possibili la nostra battaglia.

Lo dobbiamo ai tanti che ci hanno lasciato e che non hanno potuto godere di quel tanto di giustizia e di risarcimento ottenuto con la sentenza.

Lo dobbiamo a quanti, nonostante le sentenze, continuano a soffrire di tagli ingiusti, ingiustificati e ingiustificabili.

 

I prossimi passi e le scadenza che ci aspettano: il ruolo della Consulta

È questa la ragione che ci fa dire che la nostra battaglia non è ancora terminata.

È una battaglia che vorremmo combattere con le armi della politica.

Ma se la politica fa orecchie da mercante, come ha fatto finora, noi la combatteremo sul piano politico-culturale portando avanti le iniziative già avviate sull’autodichia e sullo statuto del parlamentare, ma, anche, sul piano più strettamente giudiziario.

Sotto questo profilo, il nodo che deve essere sciolto è quello della illegittimità delle scelte fatte dagli Uffici di presidenza delle Camere di applicare retroattivamente ai vitalizi un sedicente metodo contributivo.

Sta in questa scelta il permanere, nonostante le sentenze di cui ci stiamo occupando, di una evidente ingiustizia.

Per mettere in discussione questo architrave che sostiene le delibere degli Uffici di Presidenza di Camera e Senato, la partita è ancora aperta.

Alla Camera il Consiglio di Giurisdizione ha accantonato la questione.

Non sappiamo ancora quando ci sarà la sentenza conclusiva di 1° grado.

Se i giudici del Consiglio di Giurisdizione della Camera saranno coerenti con quanto hanno scritto nelle motivazioni della sentenza parziale che oggi stiamo commentando, la prospettiva di un pronunciamento di accoglimento delle nostre tesi, si farebbe più concreta.

Particolarmente rilevante è, infatti l’affermazione che il “legislatore interno”, cioè l’Ufficio di Presidenza, non possa sottrarsi, per il rispetto del principio di eguaglianza fra tutti i cittadini, alla giurisprudenza della Corte costituzionale, in materia di riduzione dei trattamenti previdenziali, consentita soltanto in presenza di precise condizioni.

Le ricordo:

  • il carattere eccezionale e individuabile delle esigenze economiche da soddisfare;
  • la temporaneità delle riduzioni;
  • la non reiterabilità dei provvedimenti di riduzione;
  • la destinazione dei proventi alla gestione previdenziale e non alla fiscalità generale;
  • la proporzionalità della riduzione rispetto all’ammontare del vitalizio originario.

Di fronte a questo richiamo fatto dai “giudici interni” della Camera alla giurisprudenza costituzionale, siamo rimasti sorpresi e preoccupati per gli argomenti utilizzati dalla Corte in una recente sentenza riguardante i vitalizi dei consiglieri del Trentino Alto Adige per bocciare il loro ricorso.

Sappiamo che si tratta di una fattispecie molto diversa da quella sottoposta agli organi di autodichia di Camera e Senato.

Ciò non di meno siamo preoccupati per una decisione che sembra ignorare la giurisprudenza tradizionale della Corte per affermarne una del tutto nuova.

Siamo preoccupati anche in considerazione del fatto che i giudici di secondo grado del Senato, hanno rimesso alla Corte Costituzionale la valutazione di alcune questioni da cui dipenderà il loro giudizio conclusivo e la questione dei cosiddetti “arretrati”.

Al Senato, come sapete, i giudici di secondo grado del Consiglio di Giurisdizione hanno deciso di rimettere alla Corte Costituzionale alcune questioni che chiamano in causa gli strumenti utilizzati dalle Camere per disciplinare la materia del trattamento previdenziale dei parlamentari.

Consapevoli della giurisprudenza della Corte che ha sempre negato la sua competenza a pronunciarsi sulla costituzionalità dei regolamenti parlamentari, tranne che non siano in qualche modo legati a leggi dello Stato, i giudici del Consiglio di Garanzia del Senato hanno sottoposto alla Corte Costituzionale delle questioni specifiche.

La prima riguarda la mancanza di una disciplina legislativa in materia di trattamento previdenziale dei parlamentari e fa riferimento all’art. 26, comma 2, lettera b) della legge n. 724 /1994 (la legge finanziaria di quell’anno) nella parte in cui, abolendo i trattamenti fiscali speciali privilegiati di cui godevano gli assegni vitalizi, non prevede che essi siano disciplinati nel rispetto dei principi generali in materia previdenziale previsti dalla Costituzione, tra cui quelli relativi ai limiti posti al legislatore nella definizione dei parametri per determinare i vitalizi e nel fissare i termini di un eventuale intervento retroattivo.

La seconda questione sottoposta alla Corte riguarda la legittimità dell’uso di un “regolamento minore” – quale è una delibera adottata dal Consiglio di Presidenza – in violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza nella rideterminazione retroattiva dei vitalizi.

Come si evince dalle motivazioni della sentenza, si chiede alla Corte se l’unico strumento legittimo per disciplinare il trattamento previdenziale dei senatori (e deputati) non sia quello del “Regolamento maggiore” che richiede, come è noto, l’approvazione, a maggioranza assoluta dei componenti, da parte dell’Aula.

Il Consiglio di Garanzia, in attesa delle decisioni della Corte Costituzionale, ha sospeso il suo giudizio sul complesso delle questioni al suo esame.

Tra le questioni sospese vi è quella dei cosiddetti “arretrati”.

Li chiamo “cosiddetti” perché non si tratta di arretrati ma di somme che a seguito della sentenza sono, in realtà, indebitamente trattenute.

Come già detto, i giudici del Consiglio di Garanzia del Senato hanno deciso di rinviarne la corresponsione successivamente alle decisioni che la Corte costituzionale prenderà in merito ai quesiti che le sono stati sottoposti.

Considerato che la questione degli arretrati non è tra le materie sottoposte al giudizio della Corte, il rinvio è privo di ogni motivazione giuridica.

Noi dobbiamo agire subito, senza attendere le decisioni della Corte per rimuoverla.

A questo riguardo si possono pensare iniziative politico-istituzionali rivolte al Presidente del Senato e al Collegio dei Questori, anche se occorre valutarne le resistenze politiche che nelle sedi istituzionali sicuramente si possono manifestare.

Sul piano giuridico, stiamo cercando di capire, insieme ai nostri avvocati di quali strumenti di intervento possiamo disporre.

È del tutto evidente che, a conclusione della vicenda giudiziaria, se fosse confermata l’idea della applicazione retroattiva del sistema contributivo, nessuno potrebbe rimproverarci se ne chiedessimo l’applicazione integrale a cominciare dalla restituzione delle tasse che, dal 1993 al 2011, sono state applicate sulle contribuzioni previdenziali dei parlamentari.

Non penso che per lo Stato sarebbe un grande vantaggio. L’interesse dello Stato, oggi, è rimuovere l’illegittimità di applicazioni retroattive di regole inesistenti al momento della maturazione del diritto.

 

La riflessione sulla guerra e l’impegno dell’Associazione per la pace

Care colleghe e cari colleghi, questa nostra Assemblea si tiene in un momento drammatico e pericoloso per le sorti della pace nel mondo.

Sull’aggressione russa all’Ucraina il nostro Consiglio Direttivo si è espresso all’unanimità.

Ferma è stata la condanna della guerra scatenata dalla Russia in Ucraina.

Convinta è stata la manifestazione della piena solidarietà al popolo ucraino che sta pagando sulla propria pelle le conseguenze drammatiche della aggressione russa.

Più complessa e diversificata è stata, invece, la discussione sulle cause che hanno prodotto il conflitto tra russi e ucraini e sulle conseguenze che ne possono scaturire.

Particolarmente sull’invio delle armi a sostegno dell’Ucraina la discussione ha messo in luce opinioni contrastanti tra chi lo vede come un aiuto all’Ucraina per resistere all’invasione russa e chi, invece, si preoccupa per gli effetti di escalation che si possono produrre e per i rischi connessi alla presenza di armi nucleari.

Ma al di là di questi diversi punti di vista, il Consiglio Direttivo dell’Associazione si è ritrovato unito sulla necessità che il sostegno e gli aiuti dati dall’Italia e dalla Unione europea siano finalizzati a costruire le condizioni per la cessazione dei combattimenti e per l’avvio prima possibile di negoziati di pace.

A questo proposito il Consiglio direttivo ha sollecitato una più decisa iniziativa della Unione europea per una tregua immediata e per l’avvio di una seria e diretta trattativa diplomatica tra le parti basata sul rispetto dei principi della Carta dell’ONU e sulla consapevolezza che la sicurezza di ogni Stato è indissolubilmente legata a quella degli altri Stati.

Il Consiglio direttivo dell’Associazione ha, altresì, chiesto all’Unione europea di assumere un ruolo di protagonista per la convocazione di una conferenza europea sulla sicurezza e sulla pace, sotto l’egida dell’OSCE e delle Nazioni Unite che, sul modello della Conferenza di Helsinki, si proponga di trovare un’intesa tra tutti gli attori coinvolti sul continente europeo e di superare i limiti di una azione in ordine sparso che hanno portato al fallimento dei negoziati di Minsk.

Il Consiglio Direttivo ha impegnato l’intera Associazione a sostenere le iniziative di solidarietà promosse dalle grandi istituzioni internazionali (UNHCR, Croce Rossa, Unicef) e a partecipare nei territori a specifiche iniziative di sostegno di cittadini ucraini presenti nel nostro Paese.

Quello del nostro Direttivo è un appello accorato a sciogliere con saggezza i nodi intricati che nel corso degli anni si sono accumulati.

Questa ci sembra la strada per contribuire alla ricerca di un onorevole compromesso e di una pace giusta.

Con il Presidente della Repubblica Mattarella, siamo convinti che “per vincere non è più necessario che qualcuno debba perdere”.

 

----

sito - RELAZION 10 GIUGNO 2022 - SITO

print

Close