"Nel processo alla pandemia l'ultimo deragliamento delle toghe" - un articolo di Giuseppe Gargani

"Nel processo alla pandemia l'ultimo deragliamento delle toghe" - un articolo di Giuseppe Gargani

“Nel processo alla pandemia l’ultimo deragliamento delle toghe” – un articolo di Giuseppe Gargani

Pubblichiamo qui di seguito il testo di  un articolo del nostro Presidente Giuseppe Gargani, dal titolo "Nel processo alla pandemia l'ultimo deragliamento delle toghe", pubblicato oggi, 8 marzo 2023, su Il Dubbio:

Non è necessario aggiungere altri commenti alla richiesta, da parte della Procura di Bergamo, di rinvio a giudizio per l’ex Presidente del Consiglio e per vari ministri esperti e tecnici per l’epidemia da Covid nell’anno 2020 nel Bergamasco. Su quella richiesta, riconosciuta da tutti anomala e velleitaria, si dovrà pronunziare un giudice. Nell’attesa è necessario prendere in esame le dichiarazioni del Procuratore della Repubblica Antonio Chiappani perché esse ci danno la possibilità di valutare lo stato della giustizia nel nostro paese e la stravaganza di un magistrato che pretende in pratica, come è stato detto, una “giustizia narrativa”.

Le dichiarazioni rese sono l’espressione di un delirio di onnipotenza in verità molto pericoloso, e la conferma che il magistrato Chiappani rappresenta una magistratura che nella sua sfrenata autonomia ha superato il limite della funzione giudiziaria imposto dalla Costituzione.

Il Procuratore di Bergamo pretende di interpretare e valutare gli “errori” del Presidente del Consiglio e dei ministri per classificarli come reati: valutare cioè la discrezionalità di scelte adottate dal governo classificandole come reati, a prescindere dal loro aspetto penale.

Il Procuratore dichiara che era doveroso dare risposta ai cittadini sulla propagazione della pandemia perché “il materiale raccolto servirà non solo per le valutazioni di carattere giudiziario ma anche scientifiche, epidemiologiche, sociologiche ed extragiudiziarie.”

Una indagine che pretende di essere sociologica antropologica, para scientifica, rinnega la fattispecie penale e la struttura rigorosa del processo.

Non varrebbe la pena occuparci del singolo caso di una procura se non si rilevasse un comportamento ormai pericoloso per la correttezza giuridica e formale della iniziativa penale che sta determinando uno squilibrio tra i poteri, pericoloso per la democrazia.

Questo comportamento dovrebbe richiamare le responsabilità del CSM per una deviazione vistosa di quella procura dai compiti istituzionali giudiziari.

Una repubblica democratica può mai consentire che si rinviino a giudizio esponenti del governo solo “per dare risposte ai cittadini” perché i cittadini lo chiedono: è passato qualche anno dai tempi di Barabba e Gesù Cristo!. Come può un magistrato di lungo corso pensare e dichiarare questo. E’ la politica che deve dare risposte ai cittadini, non i magistrati, e il processo ahimè! non è il luogo dove si dibatte per arricchire la conoscenza o approfondire i dati scientifici ma per valutare prove di un reato se riferito ad una precisa condotta.

Purtroppo è dagli anni di “tangentopoli” che si è esercitata l’azione giudiziaria contro il “sistema” politico corrotto al di là della individuazione dei corrotti come dichiarò puntualmente il giudice Ghitti, e quindi la magistratura ha assunto una funzione etica.

Da tanti anni paventiamo le deviazioni giudiziarie e la lenta affermazione di un ruolo della magistratura non in linea con la Costituzione, e siamo stati sempre scettici su riforme che sono  secondarie rispetto a riforme strutturali: quelle cioè che sono in grado di individuare e precisare la funzione che una magistratura deve avere in uno Stato democratico per evitare una deriva panpenalista e demagogica, per evitare una Repubblica giudiziaria.

La Costituzione repubblicana, varata all’indomani della seconda guerra mondiale e della resistenza al fascismo, ha attribuito alla magistratura “autonomia e indipendenza” per metterla al riparo dalle ingerenze e dal predominio dell’esecutivo e naturalmente dalla politica, nel ricordo negativo della dittatura fascista, e questa è stata una scelta sacrosanta perché l’indipendenza della magistratura è un caposaldo della democrazia.

Dobbiamo riconoscere che fino agli anni ‘60 vi è stato un sostanziale equilibrio dei poteri, con la distinzione auspicata da Montesquieu, e il giudice è stato riconosciuto ed è stato “bocca della legge”; ma l’evoluzione del diritto, il progresso della società, la nascita di nuovi diritti e di nuove libertà, la prevalenza della giurisdizione sulla legge, la crisi della norma, tutte queste cose insieme hanno fatto venir meno la certezza del diritto e hanno accentuato “l’autonomia “della magistratura a scapito della indipendenza determinando una sua “separatezza” rispetto alle altre istituzioni.

Questo ha determinato lo squilibrio dei poteri a cui assistiamo e la inevitabile politicizzazione della stessa magistratura non più considerata “terza”, al di sopra delle parti.

La magistratura dunque è stata disciplinata “autonoma” dai costituenti per evitare dopo la dittatura fascista un possibile condizionamento da parte del potere politico. La prevalenza dei togati nell’organo di autogoverno è stato prevista per questo. A distanza di tanti anni constatiamo che l’”autonomia” ha determinato una “casta separata” che ha la prevalenza sulla indipendenza. E l’autonomia un istituto superato,  è propria dell’acien regime. Ora per tutelare ed esaltare l’indipendenza bisogna prevedere una responsabilità istituzionale. Un magistrato che ritiene suo dovere di dare risposte ai cittadini non è indipendente e non è libero se pensa di “raccontare con puntiglio “quello che era successo nei primi mesi del 2020 alla popolazione e “ cosa sarebbe successo se non si fossero verificati certi errori “

Si tratta di un romanzo a puntate con una previsione di esiti diversi che nessuno può sapere e può solo immaginare.

Questo magistrato anziano è stato naturalmente scosso ed emozionato perché vive nella città cosi tormentata e provata da una tragedia senza precedenti, ed è condizionato dal dolore e dalla tragedia dell’epidemia, ma utilizza la sua funzione per ” capire meglio che cosa è successo “. La cultura della giurisdizione sempre invocata per dimostrare che il pubblico ministero è parte del processo ma una parte privilegiata  non regge perché la “parte” è pur sempre chiamata a tutelare l’accusa e quindi non è adeguata a garantire serenità di giudizio, al di sopra….delle parti.

Nella inerzia del governo, e del Parlamento prende forma sempre di più una funzione della giustizia e della magistratura inevitabilmente politica.

Questo è di più della supplenza che ha caratterizzato la magistratura dal fenomeno di Tangentopoli in poi, ed è invece la tendenza ad utilizzare il processo penale per mandare messaggio al paese. Da quel periodo, così controverso e critico, infatti, si è diffuso nel nostro paese un pericoloso giustizialismo che ha appannato il significato del diritto e quindi della giustizia.

Il Ministro di giustizia e il Consiglio Superiore dovrebbero prendere coscienza del pericolo che un rapporto anomalo tra i poteri dello Stato determina per la democrazia e agire di conseguenza.

        Giuseppe Gargani                        

 

Articolo di Gargani-IlDubbio 8mar23

 

 

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