NOTA DELL'ASSOCIAZIONE SUI RICORSI ALLA CAMERA

NOTA DELL'ASSOCIAZIONE SUI RICORSI ALLA CAMERA

NOTA DELL’ASSOCIAZIONE SUI RICORSI ALLA CAMERA

Cronache di Autodichia – Vitalizi, ricorsi: accanimento politico, ma alla Camera è caos

Il 17 marzo scorso, il Collegio d’Appello della Camera dei Deputati (secondo grado dell’Autodichia) ha depositato 36 “ordinanze” che, confermando un precedente atto monocratico del Presidente del Collegio (on. Andrea Colletti, già M5St), si sono pronunciate sull’appello presentato il 17 febbraio scorso dalla Presidenza della Camera, tramite l’Avvocatura, che chiedeva la sospensione dell’esecuzione di altrettante “ordinanze cautelari”, adottate dal Consiglio di Giurisdizione (primo grado dell’Autodichia) negli ultimi giorni del 2020 e nei primi giorni del 2021, le quali disponevano un incremento del vitalizio a favore di uno stesso numero di ricorrenti (titolari diretti o di assegno di reversibilità).

A quanto ci risulta, il Collegio d’Appello ha dato ragione all’Avvocatura del Presidente Fico e torto al Consiglio di Giurisdizione in 26 casi, accogliendo la richiesta di sospensiva dell’esecuzione dell’”ordinanza cautelare” (v. All. 1); in altri 7 casi ha dato ragione in modo pieno al Consiglio di Giurisdizione e agli avvocati dei ricorrenti, respingendo la richiesta di sospensiva (v. All. 2); e, infine, in 3 casi ha accolto solo parzialmente la richiesta di sospensiva dell’Avvocatura di Fico, ordinandone l’esecuzione in termini modificati (v. All. 3).

Nel caso dell’accoglimento dell’appello di Fico dei 26 casi indicati, il Collegio d’Appello ha dato come motivazione il fatto che, diversamente, “si sarebbe determinato un consistente vulnus all’ordinata attività degli uffici della Camera” e che “il danno lamentato dai ricorrenti in primo grado non appare grave e irreparabile”. Nel caso delle 7 richieste di appello respinte, il Collegio d’Appello motiva l’ordinanza con il fatto “l’annullamento dell’ordinanza cautelare impugnata può effettivamente determinare (…) un pregiudizio grave e irreparabile per la parte ricorrente (…) considerata la situazione di fatto documentata dalla stessa parte”. Nel caso dei 3 ricorsi per cui la richiesta di appello è accolta parzialmente, il Collegio d’Appello, riconoscendo che l’annullamento dell’ordinanza cautelare può determinare “un pregiudizio grave e irreparabile per la parte ricorrente”, interviene rideterminando, “considerata la situazione di fatto documentata dalla stessa parte”, l’importo dell’assegno vitalizio “in via equitativa”.

Alla lettura di questi atti sorgono immediatamente alcune domande:
1) come è possibile che, sulla base degli stessi documenti, il Consiglio di Giurisdizione consideri il pregiudizio recato dal ricalcolo del vitalizio “grave e irreparabile”, mentre il Consiglio d’Appello sostenga, sulla base delle stesse carte, che tale pregiudizio “non appare grave e irreparabile”?
2) come è possibile sostenere, come fa il Collegio d’Appello, prendendo sul serio le argomentazioni dell’Avvocatura di Fico, che l’esecuzione di 36 “ordinanze cautelari" (trentasei, dicasi trentasei!) creerebbe un “consistente vulnus all’ordinata attività degli uffici della Camera”?
3) come è possibile che si sia arrivati a una tale confusione nella gestione di un contenzioso che dovrebbe essere affrontato secondo le regole del diritto e che, invece, pare guidato da una logica politica di accanimento contro gli ex-deputati che non arretra nemmeno dinanzi a giustificazioni inconsistenti e che mette in conto conflitti e contrasti inter-istituzionali che non avrebbero ragione di esistere.

Per provare a rispondere a queste domande, bisogna ricostruire per sommi capi come è sorto e come si è andato sviluppando il contenzioso nato a seguito dell’approvazione della Delibera 14/2018 dell’Ufficio di Presidenza della Camera che ha disposto, a partire dal 1. Gennaio 2019 il ricalcolo retroattivo dei vitalizi e degli assegni di reversibilità su base sedicente contributiva, con tagli che sono arrivati fino all’80% del vitalizio originario e con effetti pesantissimi per l’esistenza di centinaia e centinaia di ex-deputati e loro familiari. Contro quella delibera, hanno presentato immediatamente ricorso oltre 1.300 ex-deputati che ne hanno contestato, tramite i loro legali, la legittimità costituzionale, la proporzionalità e la ragionevolezza. I ricorsi sono stati presentati al Consiglio di Giurisdizione, organo di primo grado del sistema di Autodichia (giustizia domestica), che è l’unico deputato a giudicare le controversie tra le diverse parti della Camera.

Occorre attendere fino ad aprile del 2020 perché il Consiglio di Giurisdizione pronunci una prima sentenza, una “sentenza parziale”, che elude, rinviandola, la questione principale della legittimità o meno del ricalcolo retroattivo dei vitalizi, mentre censura una disposizione della delibera che prevede condizioni troppo rigide e severe per accedere a una mitigazione del ricalcolo del vitalizio (l’articolo 1, comma 7). In effetti, fino ad allora, sulla base del art.1., c. 7, la Camera aveva accolto soltanto 11 istanze di mitigazione. I giudici di primo grado, decidendo di avventurarsi in una specie di “giurisprudenza della mitigazione”, ordinano dunque alla Camera di modificare la delibera e prevedendo tre distinte fattispecie che diano titolo, ciascuna per sé stessa, ad accedere a un incremento del vitalizio ricalcolato: 1) gravi condizioni di salute; 2) assenza di altri redditi oltre al vitalizio; 3) grave pregiudizio delle condizioni di vita arrecato dal ricalcolo del vitalizio.

Facendo affidamento sul dispositivo della sentenza, oltre 300 ex-deputati presentano istanza di incremento del vitalizio alla Presidenza della Camera. Intanto, passano i mesi.

Per accogliere peraltro in modo incompleto le indicazioni della “sentenza parziale” di aprile, la Presidenza della Camera si prenderà infatti sette mesi, esattamente fino al 5 novembre 2020, quando, una delibera dell’Ufficio di Presidenza modificherà l’art. 1, c.7 della delibera, recependo soltanto due delle tre fattispecie indicate nella sentenza. Su questa base, l’Ufficio di Presidenza della Camera, accoglie 53 istanze di mitigazione, tra le quali quelle di 10 ultranovantenni e 24 ultraottantenni. L’Ufficio di Presidenza non disciplina invece la terza fattispecie indicata dal Consiglio di Giurisdizione, vale a dire “il grave pregiudizio delle condizioni di vita”, riservandosi di affrontare la questione in un momento successivo che, a tutt’oggi, non è ancora arrivato.

Ma nei sette mesi di silenzio intercorsi tra la “sentenza parziale” di primo grado e la delibera di modifica dei criteri di mitigazione, succedono altre due cose rilevanti. Alcuni ricorrenti, non avendo ricevuto risposta alla loro istanza dall’Ufficio di Presidenza nei trenta giorni previsti dal regolamento, tra la fine di luglio e la metà di settembre 2020, presentano un nuovo ricorso al Consiglio di Giurisdizione in cui lamentano il “silenzio” della Camera e chiedono l’incremento del vitalizio appellandosi alla sentenza parziale di primo grado. Trascorso un ulteriore mese e mezzo, verso la fine di ottobre 2020, gli stessi ricorrenti presentano al Consiglio di Giurisdizione una “istanza cautelare” con la quale chiedono un intervento di urgenza a titolo anche provvisorio in attesa della sentenza di merito. E’ proprio su queste “istanze cautelari” che il Consiglio di Giurisdizione si pronuncia tra il 23 dicembre 2020 e il 21 gennaio 2021 con le 36 “ordinanze cautelari” che dispongono l’incremento del vitalizio rideterminato in misura variabile tra un minimo del 20% fino a un massimo del 90% con la motivazione del “grave pregiudizio delle condizioni di vita”.

E così ritorniamo al punto di partenza. Sono proprio queste “ordinanze cautelari”, che implicitamente denunciano i ritardi della Camera e che si discostano anche nell’applicazione dei criteri di incremento fissati dalla stessa Camera, che fanno stizzire il Presidente Fico al punto di spingerlo ad ordinare all’Avvocatura di fare appello per bloccare le “ordinanze cautelari” presso il Collegio d’Appello, nonostante la sentenza di merito sui ricorsi sia ormai vicina (pare che l’udienza del Consiglio di Giurisdizione sia fissata per il 7 aprile 2021), e nonostante questo passo metta uno contro l’altro gli organi di primo e secondo grado e si presti al sospetto di essere una forma di accanimento politico contro gli ex-deputati.

Spiace che il Collegio d’Appello, pur non aderendo per intero alle aspettative del Presidente Fico, lo abbia assecondato nella stragrande maggioranza dei casi, come dicevamo all’inizio. Ma spiace anche che il Consiglio di Giurisdizione, anziché affrontare la questione principale della legittimità costituzionale di una Delibera piena di incongruenze e giuridicamente non difendibile, abbia cercato e cerchi pilatescamente di lavarsi le mani di una cosa forse più grande di lui, cercando di trasformare una questione di dignità delle persone e di certezza del diritto in un mero problema socio-assistenziale da affrontare e risolvere con una “giurisprudenza della mitigazione”.

In sintesi, e per concludere, quello che sta succedendo alla Camera è indecente e indecoroso. Una questione di diritto è trasformata in una questione assistenziale. I giudici si riducono a “sensali” di un avvilente “mercato del bisogno”, in cui il cinismo di chi non vuole vedere e riconoscere nemmeno gli effetti più indifendibili del suo fervore punitivo si accompagna all’imposizione dell’umiliazione dei ricorrenti costretti a sottoporsi a scrutini impietosi e indifferenti della dignità e dei meriti di persone che hanno avuto il solo torto di rappresentare la Nazione e di servire la Repubblica, credendo nell’affidabilità delle sua istituzioni democratiche.

Allegati esemplificativi delle 36 ordinanze trattate dalla Commissione d'Appello della Camera, contro le istanze degli avvocati Sorrentino, Sandulli e Paniz, accolte dal Giudice di primo grado:

All. 1 appello accolto

All. 2 - appello respinto

All. 3 - Appello parziale

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