Un contributo dell'on. Franco Proietti, segretario dell'Associazione degli ex parlamentari, alla discussione sull'attacco allo Stato di diritto e al Parlamento rappresentato dalla delibera Fico-Boeri:
"Le difficoltà finanziarie del paese, aggravate dalla lunga crisi che ha ridotto in povertà milioni di italiani, pongono oggettivamente l’esigenza di contenere le spese dello stato e di trovare le risorse necessarie per tamponare le emergenze più rilevanti e per aiutare una ripresa dell’economia che fatica a decollare. Se questa è la realtà c’è poco da obiettare se i governanti decidono di adottare a tal fine misure coerenti eque e in assoluta sintonia con le regole vigenti di uno stato democratico. Misure tese a ridurre la spesa ed a reperire risorse finanziarie chiedendo ragionevolmente a soggetti e a fasce di cittadini benestanti di rinunciare a qualcosa per poterlo redistribuire a chi ne ha più bisogno. Se il provvedimento sui vitalizi degli ex parlamentari, fosse stato adottato in armonia con un tale orientamento non avrebbe incontrato tanti ostacoli e si sarebbe potuto anche accettare di presentarlo quale esempio sul quale far leva per contenere eventuali insofferenze, più o meno giustificate, da parte di altri soggetti e strati sociali chiamati in causa.
Questo ragionamento ha una sua concretezza se è vero che gli ex parlamentari, attraverso la loro Associazione, hanno più volte ribadito di essere disposti ad accettare eventuali iniziative in tal senso ed a sedersi intorno ad un tavolo per ipotizzare soluzioni ragionevoli, assolutamente aderenti alle regole e funzionali al raggiungimento dei risultati voluti.
È del tutto evidente che in questo caso non si è voluto trovare alcuna soluzione concordata e si è deciso di adottare una delibera dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei Deputati che prevede di ricalcolare retroattivamente, con un sistema contributivo appositamente costruito e fuori da ogni norma, i vitalizi in essere degli ex parlamentari. Inutile dire che la delibera, stando ai pronunciamenti resi in materia dalla Corte Costituzionale non rispetta la Carta, la legge del 1965 che regola il trattamento dei parlamentari e la stessa legge sul ricalcolo contributivo delle pensioni entrata in vigore il primo gennaio del 1996, è sbagliata da tutti i punti di vista e, non essendo in sintonia con alcuna regola vigente, è presumibile che venga dichiarata illegittima imponendo alla Camera di restituire agli aventi diritto (con interessi ed eventuali danni?) quanto impropriamente sottratto. Cosa peraltro paventata dagli stessi proponenti che hanno deciso di accantonare, per i prossimi tre anni, quanto si presume sia il risparmio al fine di disporne quando sarà necessario restituirlo.
Se è vero che ci sarebbero stati i margini per ricercare una soluzione ragionevole e non traumatica c’è da domandarsi perché, le forze politiche oggi al governo del paese, hanno voluto fare questa insostenibile forzatura. La risposta a questa domanda è già ampiamente nota essendo stata abbondantemente diffusa nel paese in numerose manifestazioni pubbliche e dichiarazioni rilasciate da importanti rappresentanti delle istituzioni e del governo incitanti il popolo all’ostracismo verso parlamentari del passato accusati di aver abusato del loro potere per attribuirsi “privilegi rubati”.
Questi comportamenti hanno ampiamente evidenziato la strumentalità di una scelta che non è affatto concepita per contenere la spesa e trovare le risorse ma, per rispondere ad una logica punitiva nei confronti di politici del passato sui quali si vorrebbero scaricare anche le difficoltà del presente, dando al paese la sensazione che il nuovo giustiziere si è davvero insediato al comando e comincia ad assestare i suoi duri colpi. Questo il vero significato di una forzatura irrispettosa delle regole con la quale si propongono di: 1) raccogliere un presunto facile consenso che non tarderà a rivelarsi abbastanza effimero; 2) dare la sensazione al paese che, con “uno vale uno”, la musica è cambiata davvero ma, si spera (questa la motivazione di fondo che spinge numerosi ex parlamentari a promuovere ricorso contro questo provvedimento) di riuscire ad impedire che risulti una falla destinata a far passare l’onda che spazza via anche “uno vale uno” per lasciare al suo posto “uno che comanda” e che impone a tutti la sua musica; 3) scaricare sul passato anche le difficoltà del presente per coprire il fiato corto che ha la spregiudicata demagogia con la quale si sono alimentati in questi anni per passare al comando, e che è priva di un qualsiasi credibile progetto strategico utile al paese.
Si incita il popolo a scaricare le insofferenze di un difficile presente, sui politici del passato tentando di oscurare che, nonostante gli innegabili limiti, sono stati loro che hanno rimesso in piedi un paese distrutto dalla guerra, ridato dignità ad un popolo moralmente segnato dalla sconfitta e da una ventennale oppressione fascista. Uomini e donne che sono stati chiamati da un popolo che partecipava quasi totalmente alle elezioni e decideva, a differenza di ciò che succede oggi, scrivendo nelle schede il nome o il numero attribuito alle persone che ritenevano fossero degne di rappresentarlo validamente in parlamento. Un luogo importante dove si mandava qualcuno a decidere il futuro del paese ed a fissare le regole che sono servite a garantire, nel bene e nel male, oltre settanta anni di sostanziale convivenza civile nella libertà. Un popolo consapevole di attribuire quel ruolo a persone che avrebbero dovuto legiferare garantendo il bene comune, in coerenza con gli impegni assunti e in assoluta libertà di coscienza e che, proprio in ragione di ciò, bisognava garantirgli un trattamento che rendesse serena la loro esistenza e li tenesse al riparo da tentazioni, lusinghe e pressioni di quanti si sarebbero fatti vivi ogni giorno per piegare le leggi in favore dei loro particolari interessi che spesso non erano conciliabili con i più generali interessi del paese. A quel popolo non sarebbe mai venuto in mente di assimilare la funzione di un parlamentare a quella, assolutamente rispettabile, di un qualsiasi dipendente del pubblico impiego come si è deciso di fare nel 2012 con il trattamento previdenziale attribuito agli attuali parlamentari.
Oggi non abbiamo interesse a continuare la polemica con persone che hanno dimostrano di non avere piena coscienza dell’importante ruolo istituzionale o di governo che incarnano quando danno del ladro ad un vecchio parlamentare che con il vitalizio starebbe rubando un privilegio. Accusa che un Ministro dovrebbe sentire il dovere di non pronunciare o di provare chiamando il malfattore in tribunale. Abbiamo invece interesse a far sapere all’opinione pubblica che questi governanti vorrebbero comandare infischiandosene delle regole che vigono e che anche loro sono tenuti a rispettare. Si possono tagliare i vitalizi e fare cose analoghe ma non si può pretendere di farlo impunemente non rispettando la costituzione e le leggi vigenti, non si può accettare passivamente che vengano emessi provvedimenti che scardinano principi fondamentali dello stato di diritto sui quali si regge la convivenza civile in uno stato democratico. Volete insistere, fate pure ma, abbiate il coraggio di dire al popolo italiano che intendete cambiare l’attuale ordinamento e che da oggi non esistono più i diritti acquisiti. Abbiate il coraggio della lealtà verso il popolo italiano dicendo fino in fondo quali sono le vostre intenzioni perché non si può consentire che lo facciate surrettiziamente approvando alla spicciolata singoli provvedimenti.
Questa partita sembrerebbe non più giocabile su questo terreno dovendo ormai passare le carte nelle mani degli avvocati e dei giudici ma, la si tiene viva essendo ancora aperta al Senato nelle cui mani c’è ancora la possibilità di chiamare la Camera ad un saggio ripensamento che consenta di chiudere insieme rendendo un utile servizio all’Istituzione parlamentare nella sua interezza.
Roma, 24 luglio 2018
Il Segretario dell’Associazione
On. Franco Proietti"