Questa perla ce l'eravamo persa. Parliamo di Aldo Cazzullo (nella foto, con l'editore Urbano Cairo), che il 26 agosto scorso, nella sua rubrica sul Corriere della Sera, risponde a un lettore che si stupisce di quanto si parli dell'avidità degli sportivi mentre poca attenzione si presterebbe a quella dei politici...
Ma quando mai!, risponde Cazzullo. E racconta delle tante lettere ricevute durante l'estate da ex parlamentari e da loro vedove che non avevano apprezzato i suoi commenti sul contenzioso-vitalizi. Anche noi gliene avevamo scritta una , ma è stata ignorata (si trova tutto su questo sito, rubrica "ultime news"). Ora scopriamo perché. Spiega Cazzullo: "Non abbiamo pubblicato quelle lettere — tranne una, che le rappresentava un po’ tutte — per difendere gli autori da se stessi, oltre che dal vituperio delle genti." Ma come è buono, Lei!, avrebbe detto il povero Fantozzi. Oggi, con un'eccezione, il Corriere pubblica la replica di Piero Fassino (v. rubrica "contributi e commenti"), che si è giustamente sentito tirato in ballo da un riferimento di Cazzullo al "cedolino sventolato in aula" e dalle raffiche che seguono sulle "voci" che moltiplicano lo stipendio e che si concludono con il biasimo - e chi avrebbe qualcosa da obiettare -, ahinoi assai generico, per "l'uso della politica per fare soldi". C'è di tutto e, infatti, si arriva a concludere con le evocazioni di indiscutibili modelli: San Francesco, Dante, Cristoforo Colombo e Garibaldi.
Qui vogliamo solo aggiungere che, con una superficialità pari alla supponenza, Cazzullo ripete poi anche tutte le cose inesatte già dette su "contributivo" e "retributivo", aggiungendo che sarebbe "debole" l'argomento secondo cui "le riforme non possono essere retroattive" e lasciando intendere, ma senza affermarlo esplicitamente, che sarebbero state retroattive le riforme delle pensioni fatte in passato, mentre, come è a tutti noto, nessuna di esse toccò mai le pensioni in essere (diritti acquisiti) mentre tali riforme, fatto salvo il passato, intervennero sulle regole da applicare in futuro (anzianità, vecchiaia, modalità di calcolo con il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo)...
Ecco qui, per intero, lettera e risposta di Aldo Cazzullo, sul Corriere della Sera di:
SABATO 26 AGOSTO 2023
L’avidità riguarda tutti non solo gli sportivi
Caro Aldo,
lei parla di avidità a proposito degli sportivi. Ma dei politici non ci dice niente?
Mario Cane, Milano
Caro Mario,
Le confido che quest’estate sono stato sommerso da lettere di ex parlamentari e vedove di ex parlamentari. Mi maledicevano per aver sostenuto che non è bello che i senatori reintroducano per sé i vitalizi calcolati con il metodo retributivo anziché con il contributivo, metodo imposto a tutti gli altri. Non abbiamo pubblicato quelle lettere — tranne una, che le rappresentava un po’ tutte — per difendere gli autori da se stessi, oltre che dal vituperio delle genti. L’argomento era in sé debole: le riforme non possono essere retroattive; come se le riforme delle pensioni non avessero danneggiato i comuni mortali oltre ai parlamentari, che hanno il vantaggio di poter scrivere loro stessi le regole che li riguardano. Ma la cosa che più mi ha colpito è lo stile di alcune tra quelle lettere, scritte in un linguaggio da leguleio della Magna Grecia, e con una rabbia che avevo sentito solo nella voce di un tassista romano che non si era accorto dei venti euro appoggiati sul sedile e mi aveva ringhiato: «E li sordi?!».
Se i proventi di un parlamentare fossero solo 4.718 euro al mese, come da cedolino sventolato in aula da Fassino, nessuno avrebbe nulla da obiettare; ma sappiamo tutti che tra le varie voci diventano il triplo, e certe cifre non le guadagna nessun lavoratore dipendente, neppure i chirurghi che salvano vite e i magistrati che le decidono (tranne qualche manager dai bonus milionari). Poi certo il vero scandalo non sono gli stipendi ma i conflitti di interesse, l’uso della politica per fare soldi.
Però il discorso sull’avidità ci riguarda tutti. Un presidente di Confindustria diceva: «Il metro del successo è il denaro». Per un imprenditore può essere vero; anche se aggiungerei la capacità di creare lavoro, innovare, lasciare traccia di sé, oltre all’orgoglio di partecipare a garantire la sanità, l’istruzione, la sicurezza ai propri compatrioti. Ma se la misura del successo dell’uomo è il denaro, allora i più grandi italiani che siano mai vissuti — san Francesco che si spoglia dei suoi averi, Dante che muore in esilio, Cristoforo Colombo che si spegne in povertà, Garibaldi che dal Regno di Napoli porta via un sacco di sementi e uno scatolone di merluzzo secco — erano dei falliti.
Aldo Cazzullo