Pubblichiamo la lettera del presidente Antonello Falomi al direttore di "The Post Internazionale", Giulio Gambino, che, ormai fuori tempo massimo, ha "iscritto" il suo settimanale alla corrente demagogica dell'anti-casta e dell'anti-parlamentarismo con un articolo basato in buona parte su supposizioni e suggestioni che fa i conti in tasca pensionistici a parlamentari in carica e comparando i vitalizi maturati con le pensioni medie dell'Inps. L'articolo, intitolato "Generazione Garantita" è in calce alla lettera di Falomi:
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Lettera di Falomi al Direttore di "The Post Internazionale:
Caro Direttore,
francamente non mi aspettavo che il giornale di cui sei la figura più autorevole, si unisse all’antico ma sempre verde coro dell’antiparlamentarismo alimentato dal sovversivismo populista di una parte delle classi dirigenti di questo Paese che da sempre guardano con malcelato disprezzo alla più alta espressione della sovranità popolare, il Parlamento. Sulla scia dei più recenti epigoni di quel vecchio sovversivismo (Il Fatto quotidiano, La Notizia, Giletti, Giordano e compagnia cantante), il tuo giornale, pubblica oggi un articolo “Generazione garantita” il cui obiettivo è chiarissimo: alimentare la contrapposizione tra cittadini e Parlamento, gettando altro fango nel ventilatore sempre acceso dell’attacco contro la funzione parlamentare. Lo schema di questa operazione è sempre lo stesso: mettere a confronto il trattamento previdenziale dei parlamentari con quello dei cittadini, individuati, peraltro, per “media statistica”, per poter gridare allo scandalo dei “vergognosi privilegi della casta”. Un confronto che, chissà perché, dimentica sistematicamente i trattamenti “privilegiati” di altre categorie di cittadini in pensione, tra cui quella dei giornalisti. Tutti sanno che l’introduzione del sistema contributivo, che assicura pensioni meno ricche del sistema retributivo, è stato introdotto per i giornalisti 22 anni dopo la sua applicazione alla quasi generalità dei cittadini; che l’età di accesso alla pensione è stata significativamente più bassa anche per il supporto di generosi contributi dello Stato per favorire il prepensionamento di migliaia di giornalisti; che si sta discutendo in Parlamento del passaggio dei giornalisti all’INPS per garantire, a carico dello Stato, che i diritti acquisiti non vengano messi in discussione. Se volessimo ripagare i giornalisti con la stessa moneta con cui alcuni giornalisti hanno parlato delle pensioni parlamentari, dovremmo gridare allo scandalo del loro trattamento previdenziale privilegiato rispetto a quello dei comuni cittadini. Non lo facciamo perché siamo consapevoli del particolare ruolo che essi svolgono all’interno del sistema democratico e delle garanzie costituzionali che lo supportano. Come hanno scritto, rivolgendosi al Presidente Mattarella, i quasi tremila giornalisti, tra cui molti di quelli che hanno alimentato la campagna contro la previdenza dei parlamentari, “avere giornalisti che non si vedono garantite le prestazioni previdenziali di oggi e di domani, equivale ad avere giornalisti meno indipendenti e in generale una informazione meno libera, contraddicendo, nei fatti, l’articolo 21 della Costituzione”. Una posizione che condividiamo e che non si capisce perché non viene fatta valere anche per combattere la diffusione crescente di vergognose forme di precariato tra i giornalisti. Riproporre oggi, come fa l’articolo di TPI, lo schema stantio del confronto tra pensioni dei parlamentari e quelle “medie” dei cittadini significa non tenere in alcun conto le garanzie offerte dalla Costituzione italiana a supporto dell’esercizio della funzione parlamentare. L’indennità parlamentare e il vitalizio, inteso come indennità parlamentare differita, non si possono mettere sullo stesso piano di una retribuzione o di una pensione di vecchiaia. Sono strumenti attraverso i quali la Costituzione italiana, ribaltando il vecchio Statuto albertino che si riferiva ad un Parlamento fatto di soli ricchi, garantisce anche a chi non ha i mezzi economici sufficienti di poter accedere e impegnarsi nell’attività parlamentare (art.51); garantisce che quell’impegno sia svolto in piena autonomia e libertà senza condizionamenti di poteri e di potenti (art.67) e garantisce ai cittadini di scegliere liberamente da chi farsi rappresentare senza che ai rappresentanti sia, impedito l’ingresso in Parlamento per ragioni economiche (art. 48). Parafrasando l’appello a Mattarella di tanti tuoi illustri colleghi, potremmo dire che “avere parlamentari che non si vedono garantite le prestazioni previdenziali di oggi e di domani, equivale ad avere parlamentari meno indipendenti, e in generale un Parlamento meno libero, contraddicendo, nei fatti, diversi articoli della Costituzione“. Non si può invocare la garanzia l’indipendenza dei giornalisti e della libertà di stampa per difendere le proprie pensioni e negare a deputati e senatori trattamenti economici e previdenziali a sostegno di una funzione, quella parlamentare, che in democrazia mi sembra altrettanto importante quanto la funzione di una libera stampa. Continuare a scambiare le garanzie stabilite dalla Costituzione per i parlamentari per “ignobili privilegi”, non può avere altro significato che quello di delegittimare e distruggere il ruolo del Parlamento e dell’attività parlamentare.
Un caro saluto
Antonello Falomi
Falomi Lettera al Direttore di TPI
L'articolo di The Post Internazionale:
- Duccio Petroni - Generazione Garantita. Da Casini a Letta, da Gasparri a Salvini. Ecco quanto incasseranno di vitalizio. E intanto gli paghiamo pure la pensione - The Post Internazionale, 05nov21: